giovedì 24 luglio 2014

Progettisti nel XXI secolo

L'architettura esce dalle università e scende in strada.




Durante il London Architecture Festival di quest'anno il gruppo Cloud Architecture ha sperimentato e dimostrato l'efficacia di un nuovo processo di progettazione, un nuovo modo. Il progetto "Made in London" nasce dalla sperimentazione fisica del sito di progetto, il gruppo infatti per due settimane si è insediato con uno studio provvisorio al centro dell'Old Spitalfields Market.
L'iter progettuale ha così dato ampio spazio alla fase di rilievo, osservazione, ma soprattutto interazione, capovolgendo quella che è l'immagine comune dell'architetto. L'utente finale, costituito in questo progetto dal pubblico, i commercianti ed i gestori, non è stato fondamentale solo nella fase di analisi, ma il dialogo si propagato a tutte le fasi di progetto. Cloud Architetto ha infatto valiato al momento le proposte progettuali mostrandole direttamente agli utenti finali ed ascoltandone opinioni e consigli.
Al progetto hanno lavorato cinque componenti del gruppo: Derek Ouyang e Alice Eamsherangkoon, statunitensi; Janž Omerzu e Domen Stražar, sloveni; e Karolina Ostrowska, polacca.



Lo studio di progettazione in generale lavora per via telematica, incontrandosi poi periodicamente sui siti di progetto, questo gli consente di essere aperto a più figure professionali competenti e utili a seconda dei progetti. Le singole esperienze culturali entrano in gioco di volta in volta, senza improvvisarsi, ma a seconda delle necessità progettuali.
Ciò che risulta davvero innovativo in questo approccio è lo sdoganamento della figura dell'architetto/designer dalla torre d'avorio dello studio o dell'università, questi lavori, di cui "Made in London" è un esempio avvicinano i progettisti alla comunità promuovendo una progettazione partecipata. In questo senso i progetti che ne escono alla fine non risultano imposti, ma sono il frutto dei desideri stessi degli utenti.
A mio parere questo approccio va in direzione di un nuovo modo di pensare, di interagire e progettare, un cammino verso una riappropriazione dei luoghi e del loro senso. In un mondo globale ed informatizzato, non ci si può dimenticare della fisicità, i progetti non nascono dalle idee geniali sulla carta. L'interazione e la partecipazione sono i nuovi fondamentali punti di partenza ed in questo senso il Gruppo Cloud Architecture costituisce una delle avanguardie.

venerdì 4 luglio 2014

Uchu e Kyodai-Fratelli nello spazio



Il legame tra fratelli è un tema che accompagna la storia della cultura umana fin dagli albori dei tempi. Il rapporto di fratellanza è sicuramente uno dei legami di sangue più forte e sentito, come dimostrato anche dalla sua trasposizione metaforica a proposito degli amici più vicini. Diciamo che sono come fratelli, per dire che il nostro legame con loro è così forte come se fosse di sangue. Essere fratelli sembra implicare una sorta di vicinanza, lealtà e capacità di comprensione così radicate che, quando tutto ciò viene meno, è come se ci trovassimo sempre dentro ad una piccola tragedia sociale, qualcosa che va contro la natura delle cose. Non c'è niente di peggio di un litigio, di un tradimento o di un allontamento tra fratelli.
La nostra cultura è disseminata di esempi tragici da questo punto di vista, spesso dovuti alla quasi naturale sete di confronto che porta con sè il rapporto di fratellanza, con la conseguente nascita di invidia o voglia di prevalicare di uno dei due fratelli. La storia biblica di Caino e Abele, su questo fronte, segna sicuramente un modello tanto estremo, quanto emblematico.
L'agonismo primordiale che sembra abitare la relazione tra due fratelli, buono o cattivo che sia, ha sfamato un gran numero di storie, essendo affrontato e interpretato praticamente in tutti i medium artistici, ponendosi sempre come un terreno fertile e complesso di riflessione.
Ho fatto questo breve preambolo per introdurre le mie considerazioni sui primi due volumi di un'opera, un manga per la precisione, che ho da poco avuto il piacere di inziare a leggere e che ci parla proprio del rapporto tra due fratelli ( e non solo). Mi sto riferendo ad "Uchu e Kyodai- Fratelli nello Spazio" di Chuya Koyama.
L'idea di partenza dell'opera di Koyama è tanto semplice quanto efficace. Siamo nel 2025 e Mutta Nanba è un trentenne menefreghista e poco motivato, che ha appena perso il lavoro. Questo evento sembra far riaffiorare in lui un sogno che coltiva fin da quando era piccolo: diventare un astronauta e andare sulla Luna. Il sogno di Mutta non si configura tuttavia come un'aspirazione personale, ma come un'implicita promessa al fratello minore Hibito, suo inseparabile compagno di vita nell'infanzia con il quale a condiviso a lungo la passione per lo spazio. Mutta, remissivo e pessimista, nel corso degli anni ha finito per accantonare il sogno di diventare astronauta, condizionato anche dallo scarso sostegno avuto dai propri genitori. Ironia della sorte se lui, fratello maggiore, ha finito per abbandonare il suo sogno di bambino, Hibito, invece, è diventato il primo giapponese ad essere inserito in una missione lunare.Uno smacco troppo grande per Mutta che, mosso dalla competizione nei confronti del fratello minore, deciderà di riprendere in mano la propria vita e il proprio sogno, partecipando alle selezioni per diventare astronauta.





A discapito della apparente semplicità della sinossi inziale, Uchu e Kyodai si presenta da subito come un'opera estremamente originale, complessa e coinvolgente. La narrazione alterna momenti dialogici a parti riflessive in prima persona, catapultando a pieno il lettore nella vicenda e, soprattutto, facendolo immediatamente partecipare dei dubbi, delle incertezze e delle aspirazioni di Mutta. Intorno al nostro protagonista, infatti, si muove un mondo vastissimo fatto di persone, ricordi, immagini e avvenimenti che ben presto inziamo a ricostruire, plasmando nella mente il ritratto stratificato di un uomo comune, che ragiona sulla propria esistenza, sulle proprie paure e sul proprio futuro, sempre in bilico tra la voglia di rivalsa e la tentazione a mollare tutto. Lo zoom narrativo su Mutta è comunque solo una parte degli elementi presenti in Uchu e Kyodai, che si configura come un vero e proprio racconto famigliare e sociale contemporaneo. Nel corso della vicenda, infatti, si incroceranno le storie di una miriade di personaggi che, proprio come le dozzine di incontri nella nostra vita reale, così in quella fatta di china e carta dei fratelli Nanba, andranno ad arrichire e modificare il quadro esistenziale.
Una delle cose che da subito mi ha colpito di quest'opera è la capacità dell'autore di non cadere nella trappola facile della tipizzazione dei personaggi. Soprattutto quando si ha che fare con due personaggi a confronto, come due fratelli, si tende spesso a  mettere in piedi il gioco dei contrari, rischiando in questo modo di appiattirli in due figure antitetiche. In Uchu e Kyodai, invece, i due poli di confronto sembrano essere costantemente in costruzione e il lettore, così, viene trascinato in un viaggio cotinuo alla scoperta dei personaggi, provando un immenso piacere a navigare nella loro complessità psicologica, accorgendosi di trovare continuamente punti in comune e punti contrastanti. Ci si immedesima o ci si distanzia, ma non si può fare a meno di partecipare emotivamente con le vicende di ogni personaggio, anche di quelli secondari, che non sono mai mero contorno, ma risultano sempre funzionali alla caratterizzazione dei due fratelli Nanba o contribuiscono a rendere più stratificato e realisticamente complesso il coinvolgente mondo delineato da Koyama.


Un'altra cosa davvero impressionante di Uchu e Kyodai è la qualità che possiede di trasmettere l'idea di una indagine psicologica profonda e accurata, pur mantenendo una fluidità e un coinvolgimento narrativo notevolissimo. I volumi li ho letteralmente divorati e l'autore riesce ad inserire  sapienti tocchi di ironia che smorzano le parti più serie e riflessive, ma senza mai risultare fuori luogo, in un sapientissimo mix di introspezione, narrazione, tenera comicità, memoria e atmosfere sognanti.



Passando alla parte puramente grafica, il tratto di Koyama risulta sempre molto funzionale e adeguato alla narrazione, adattandosi perfettamente alla gran varietà di situazioni che il lettore si trova di fronte nel corso dell'opera. I personaggi sono caratterizzati benissimo, con grande attenzione soprattutto alle espressioni facciali che esprimono sempre al meglio il loro stato emotivo, sfociando, talvolta, anche in espressioni quasi caricaturali tipiche della tradizione orientale, ma che non risultano mai patetiche o ridicole.
Per concludere, da quello che ho potuto leggere in questi primi due volumi di Uchu e Kyodai, siamo di fronte ad un manga ampiamente sopra la media delle produzioni nipponiche che possiamo trovare sugli scaffali dei nostri negozi. Un vero e proprio capolavoro di tecnica narrativa, coinvolgimento, riflessione e intrattenimento che mi ha fatto tornare, dopo tanto tempo, alla entusiastica lettura di un manga dopo tante opere europee e americane. Consigliatissimo.